Pagina:Eneide (Caro).djvu/663

622 l’eneide. [1445-1469]

1445Col nemico s’azzuffa, e fieramente
Lo rampogna e gli dice: Or qual più, Turno,
Farai tu mora, o sotterfugio, o schermo?
Con l’armi, con le man, Turno, e da presso,
Non co’ piè si combatte e di lontano.
1450Ma fuggi pur, diléguati, trasmútati,
Unisci le tue forze e ’l tuo valore,
Vola per l’aria, appiáttati sotterra,
Quanto puoi t’argomenta, e quanto sai,
Che pur giunto vi sei. Turno squassando
1455Il capo, Ah, gli rispose, che per fiero
Che mi ti mostri, io de la tua fierezza,
Orgoglioso campion, punto non temo,
Nè di te: degli Dei temo e di Giove,
Che nimici mi sono e meco irati.
     1460Nulla più disse; ma rivolto, appresso
Si vide un sasso, un sasso antico e grande
Ch’ivi a sorte per limite era posto
A spartir campi e tôr lite a’ vicini.
Era sì smisurato e di tal peso,
1465Che dodici di quei ch’oggi produce
Il secol nostro, e de’ più forti ancora,
Non l’avrebber di terra alzato a pena.
Turno diègli di piglio, e con esso alto
Correndo se ne gía verso il nimico,


[888-902]