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612 l’eneide. [1195-1219]

1195Lasciato il patrio brando, a quel di piglio
Diè per disavventura, che davanti
Gli s’abbattè del suo Metisco in prima.
E questo, fin che dissipati e rotti
N’andaro i Teucri, assai fedele e saldo
1200Lungamente gli resse. Ma venuto
Con l’armi di Vulcano a paragone
(Come quel che di mano era costrutto
Di mortal fabro) mal temprato e frale,
Qual di ghiaccio, si franse e ne la sabbia
1205Ne rifulsero i pezzi. E così Turno
Fuggendo, or quinci or quindi per lo campo
Qual forsennato, indarno s’aggirava,
D’ogni parte rinchiuso; che da l’una
Lo serravano i Frigi e la palude,
1210E ’l fosso e la muraglia era da l’altra.
E non men ch’ei fuggisse, il teucro duce
(Come che da la piaga ancor tardato
Fosse de la saetta, e le ginocchia
Si sentisse ancor fiacche) il seguitava.
1215L’ardente voglia, e la speranza eguale
A la téma di lui, sì lo spingea,
Che già già gli era sopra, e già ’l feria.
Così cervo fugace o da le ripe
1219Chiuso d’un alto fiume, o circondato


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