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[620-644] libro xii. 589

620Che la corazza, ancor che doppia e forte,
Stracciògli, e ’n fino al vivo lo trafisse,
Ma di lieve puntura. Ond’ei rivolto,
E ’mbracciato lo scudo e stretto il brando,
Contra gli s’affilava, e per soccorso
625Gridava intanto. Ma le ruote e l’asse
Ch’erano in moto, urtandolo, a rovescio
Gittârlo: e Turno immantinente addosso
Sagliendogli, infra l’elmo e la gorziera
Il collo gli recise, e dal suo busto
630Tronco il capo lasciògli in su l’arena.
     Mentre così vincendo e d’ogni parte
Con tanta strage il campo trascorrendo
Se ne va Turno; Enea dal fido Acate,
Da Memmo e dal suo figlio accompagnato
635(Come da la saetta era ferito),
Sovr’un’asta appoggiato, a lento passo
Verso gli alloggiamenti si ritragge.
Ivi contra a lo stral, contra a sè stesso
S’inaspra e frange il tèlo, di sua mano
640Ripesca il ferro. e poi che indarno il tenta,
Comanda che la piaga gli s’allarghi
Con altro ferro, e d’ogn’intorno s’apra,
Sì che tosto dal corpo gli si svelga,
E tosto alla battaglia se ne torni.


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