Pagina:Eneide (Caro).djvu/626

[520-544] libro xii. 585

520Tutte di sangue: ond’ei cadde, e le luci
Chiuse al gran buio ed al perpetuo sonno.
     Enea senz’elmo in testa, infra le genti
La disarmata destra alto levando,
E discorrendo, e richiamando i suoi,
525Dove, dove ne gite? che tumulto,
Dicea, che furia, che discordia è questa
Così repente? Oh rattenete l’ire;
Oh non rompete. Il patto è stabilito;
L’accordo è fatto. Solo a me concesso
530È ch’io combatta. A me sol ne lasciate
La cura e ’l carco. Io, non temete, io solo
Il patto vi ratifico e vi fermo
Con questa sola destra; e Turno a morte
Di già mi si promette, e mi si deve
535Da questi sacrifici. In questa guisa
Gridava il teucro duce; ed ecco intanto
Venir d’alto stridendo una saetta;
Non si sa da qual mano, o da qual arco
Si dipartisse. O caso, o dio che fosse
540Che tanta lode a’ Rutuli prestasse,
L’onor se ne celò, nè mai s’intese
Chi del ferito Enea vanto si desse.
     Turno, poichè dal campo Enea fu tratto,
E turbar vide i suoi, di nuova speme


[308-325]