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[220-244] libro xii. 573

220Fra mezzo a tante mila i condottieri
Ciascun da la sua parte si vedea
Gir d’oro e d’ostro alteramente adorni.
E ’l gran Memmo con questi e ’l forte Asíla,
E Messápo con quelli, de’ cavalli
225Il domatore e di Nettuno il figlio.
     Poscia che, dato il segno, ebbe ciascuno
Chi di qua chi di là preso il suo loco,
Piantâr le lance, dechinâr gli scudi.
Le donne, i vecchi, i putti e ’l volgo inerme
230Di veder desîosi, altri in su’ tetti,
Altri in su’ rivellini e ’n su le torri
Stavan mirando. E non dal campo lunge
Sedea Giuno in un colle, Albano or detto,
Ch’allor nè d’Alba il nome avea, nè ’l pregio,
235Nè i sacrifici. In questo monte assisa
Vedea de’ Laürenti e de’ Troiani
L’accolte genti, e di Latino il seggio.
Ivi la Dea di Turno a la sirocchia,
Che Dea de’ laghi era e de’ fiumi anch’ella
240(Privilegio che Giove allor le diede
Che de la pudicizia il fior le tolse),
Disse così: Ninfa, de’ fiumi onore,
Sovr’ogni ninfa a me gioconda e cara,
Tu sai come te sola ho preferita,


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