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558 l’eneide. [1295-1319]

1295Si fer torbidi e gravi. Il volto, in prima
Di rose e d’ostro, di pallor di morte
Tutto si tinse. In tal guisa spirando
Acca a sè chiama, una tra l’altre sue
La più fida di tutte e la più cara;
1300E dice: Acca, sorella, i giorni miei
Son qui finiti: questa acerba piaga
M’adduce a morte, e già nero mi sembra
Tutto che veggio. Or vola, e da mia parte
Di’ per ultimo a Turno, che succeda
1305A questa pugna e la città soccorra:
E tu rimanti in pace. A pena detto
Ebbe così, che abbandonando il freno
E l’arme e sè medesma, a capo chino
Traboccò da cavallo. Allora il freddo
1310L’occupò de la morte a poco a poco
Le membra tutte. E, dechinato il collo
Sopra un verde cespuglio, alfin di vita
Sdegnosamente sospirando uscío.
     Camilla estinta, per lo campo un grido
1315Levossi che n’andò fino a le stelle,
E surse al cader suo zuffa maggiore:
Chè i Teucri e i Toschi gli Arcadi in un tempo
Pinsero avanti. Opi, ministra intanto
Di Trivia, che nel monte era discesa


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