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542 l’eneide. [895-919]

895Prendila, te ne prego, e tua sia sempre.
     Ciò detto, il braccio in dietro ritraendo,
Oltre il fiume lanciolla: e ’l fiume e ’l vento
E ’l dardo ne fer suono e fischio e rombo.
Mètabo, da la turba sopraggiunto
900De’ suoi nemici, a nuoto alfin gettossi,
E salvo a l’altra riva si condusse.
Ivi d’un verde cespo, ove piantato
Avea Trivia il suo dono, il dardo e lei
Divelse, e via fuggissi; e più mai poscia
905Non fu da tetti o da cittadi accolto;
Chè per natia fierezza a legge altrui
Non si fòra unqua additto. Il tempo tutto
De la sua vita di pastore in guisa,
Menò per monti solitari ed ermi;
910E per grotte e per dumi e per orrende
Selve e tane di fere ebbe ricetto
Con la fanciulla, a cui fu cibo un tempo
Ferino latte, e balia una d’armento
Ancor non doma e pavida giumenta.
915Ne le tenere labbra il padre stesso
De la fera premea l’orride mamme,
Nè pria tenne de’ piè salde le piante,
Che d’arco, di faretra e di nodosi
Dardi le mani e gli omeri gravolle.


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