A questo, che dal ciel si serba a voi,
Sì glorïoso e sì felice stato. 335Così dicendo a’ suoi, pieno in sè stesso
D’alti e gravi pensier, tenea velato
Con la fronte serena il cor doglioso.
Fecer tutti coraggio; e di cibo avidi
Già rivolti a la preda, altri le tergora 340Le svelgon da le coste, altri sbranandola,
Mentre è tiepida ancor, mentre che palpita,
Lunghi schidioni e gran caldaie apprestano,
E l’acqua intorno e ’l fuoco vi ministrano.
Poscia d’un prato e seggio e mensa fattisi, 345Taciti prima sopra l’erba agiandosi,
D’opima carne e di vin vecchio empiendosi,
Quanto puon lietamente si ricreano.
Poichè fur sazi a ragionar si diero,
Con voce or di timore or di cordoglio, 350De’ perduti compagni, in dubbio ancora
Se fosser vivi, o se pur giunti al fine
Più de’ richiami lor nulla curassero.
Enea vie più di tutti, e di pietate
E di dolor compunto, il caso acerbo 355Or d’Àmico or d’Oronte, e Lico e Gía
Ne’ sospir richiamava e ’l buon Cloanto.
Erano al fine omai; quando il gran Giove