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[370-394] libro ix. 411

370De gli avversari nostri, e tutti aspersi
Del sangue loro. E non fia che la strada
Ne gabbi: chè più volte qui d’intorno
Cacciando, avemo e tutta questa valle
E tutto il fiume attraversato e scorso.
     375Qui d’anni grave e di pensier maturo
Alète al ciel rivolto, O patrii Dii,
Disse esclamando, il cui nome fu sempre
Propizio a Troia, pur del tutto spenta
Non volete che sia mercè di voi,
380Poscia che questo ardire e questi cori
Ne’ petti a’ nostri giovini ponete.
E stringendo le man, gli omeri e ’l collo
Or de l’uno or de l’altro, ambi onorava,
Di dolcezza piangendo. E qual, dicea
385Qual, generosi figli, a voi darassi
Di voi degna mercede? Iddio, ch’è primo
Degli uomini e supremo guiderdone,
E la vostra virtù premio a sè stessa
Sia primamente. Enea poscia useravvi
390Sua largitate, e questo giovinetto
Che d’un tal vostro merto avrà mai sempre
Dolce ricordo. Anzi io, soggiunse Iulo,
Che senza il padre mio la mia salute
Veggio in periglio, per gli dei Penati,


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