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[320-344] libro ix. 409

320Son più degni i tuoi giorni, e sì perch’io
Aggia chi dopo me, se non con l’arme,
Almen con l’oro il mio corpo ricovre,
E lo ricuopra. E s’ancor ciò m’è tolto,
Alfin sia chi d’essequie e di sepolcro
325Lontan m’onori. Oltre di ciò cagione
Esser non deggio a tua madre infelice
D’un dolor tanto: a tua madre che sola
Di tante donne ha di seguirti osato,
I commodi spregiando e la quïete
330De la città d’Aceste. A ciò di nuovo
Eurïalo rispose: Indarno adduci
Sì vane scuse; ed io già fermo e saldo
Nel proposito mio pensier non muto.
Affrettianci a l’impresa. E, così detto,
335Destò le sentinelle, e le ripose
In vece loro; e l’uno e l’altro insieme
Se ne partiro, e ne la reggia andaro.
     Tutti gli altri animali avean, dormendo,
Sovra la terra oblio, tregua e riposo
340Da le fatiche e dagli affanni loro.
I Teucri condottieri e gli altri eletti,
Che de la guerra avean l’imperio e ’l carco,
S’erano e de la guerra e de la somma
Di tutto ’l regno a consigliar ristretti:


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