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406 l’eneide. [245-269]

245Desti in su l’erba, infra le tazze e l’urne
Traean la notte in gozzoviglie e ’n giuochi.
     Stavano i Teucri il campo rimirando
Da la muraglia; e per timore, armati
Visitavan le porte, e ’n su’ ripari
250Facean bertesche e sferratoie e ponti.
Era Memmo lor sopra e ’l buon Sergesto,
Che fur dal padre Enea nel suo partire
A guerreggiar, se guerra si rompesse,
Per condottieri e per maestri eletti.
255Già su le mura, ovunque o da periglio
O da la vece eran disposti, ognuno
Tenea il suo luogo. Un de’ più fieri in arme,
Niso d’Ìrtaco il figlio, ad una porta
Era proposto. Da le cacce d’Ida
260Venne costui mandato al troian duce,
Gran feritor di dardo e di saette.
Eurïalo era seco, un giovinetto
Il più bello, il più gaio e ’l più leggiadro,
Che nel campo troiano arme vestisse;
265Ch’a pena avea la rugiadosa guancia
Del primo fior di gioventute aspersa.
Era tra questi due solo un amore
Ed un volere; e nel mestier de l’armi
L’un sempre era con l’altro, ed ambi insieme


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