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372 l’eneide. [545-569]

545Di quei due cerchi antichi. Una di queste
Città fondò Saturno, e l’altra Giano,
Che Saturnia e Gianicolo fur dette.
     In cotal guisa ragionando Evandro,
Se ne gian verso il suo picciolo ostello.
550E ne l’andar, là ’v’or di Roma è il Fòro,
Ov’è quella più florida contrada
De le Carine, ad ogni passo intorno
Udian greggi belar, mugghiare armenti.
Giunti che furo: In questo umíle albergo
555Alloggiò, disse, il vincitore Alcide,
Questa fu la sua reggia. E tu v’alloggia,
E tu ’l gradisci, e le delizie e gli agi
Spregiando, imita in ciò Tirinzio e dio,
E del tugurio mio meco t’appaga.
560Così dicendo, il grand’ospite accolse
Ne l’angusta magione, e collocollo
Là dove era di frondi e d’irta pelle
Di libic’orsa attappezzato un seggio.
     Venne la notte, e le fosc’ali stese
565Avea di già sovra la terra, quando
Venere come madre, e non in vano
Del suo figlio gelosa, il gran tumulto
Veggendo e le minacce de’ Laurenti,
Con Volcan suo marito si ristrinse


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