Pagina:Eneide (Caro).djvu/400

[220-244] libro viii. 359

220Ne son venuto. I Rutuli ch’infesti
Sono anche a te, se de l’Italia fuori
Cacceran noi, già de l’Italia tutta
L’imperio si promettono, e di quanto
Bagna l’un mare e l’altro. Or la tua fede
225Mi porgi, e la mia prendi; ch’ancor noi
Siamo usi a guerra, e cor ne’ petti avemo.
     Il re, mentre ch’Enea parlando stette,
Il volto e gli occhi e la persona tutta
Gli andò squadrando; e brevemente al fine
230Così rispose: Valoroso eroe,
Come lieto io t’accolgo, e come certo
Raffigurar mi sembra il volto e i gesti
E la favella di quel grande Anchise
Tuo genitore! Io mi ricordo quando
235Priamo per riveder la sua sorella
Esíone e ’l suo regno, in un passaggio
Che perciò fe’ da Troia a Salamina,
Toccò d’Arcadia i gelidi confini.
De le prime lanugini fiorito
240Era il mio mento a pena allor ch’io vidi
Quei gran duci di Troia, e de’ Troiani
Lo stesso re. Con molto mio diletto
Gli mirai, gli ammirai, notai di tutti
Gli abiti e le fattezze, e sopra tutti


[145-162]