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356 l’eneide. [145-169]

145Se ne van notte e giorno remigando
Di tutta forza, e i seni e le rivolte
Varcan di mano in mano, or a l’aperto,
Or tra le macchie occulti, e via volando
Segan l’onde e le selve. Era il sol giunto
150A mezzo il giorno, quando incominciaro
Da lunge a discovrir la ròcca e ’l cerchio,
E i rari allor del poverello Evandro
Umili alberghi, ch’ora al cielo adegua
La romana potenza. Immantinente
155Volser le prore a terra ed appressârsi
Là ’ve per avventura il re quel giorno
Solennemente in un sacrato bosco
Avanti a la città stava onorando
Il grande Alcide. Avea Pallante seco
160Suo figlio, e del suo povero senato,
E de’ suoi primi giovini un drappello,
Che d’incensi, di vittime e di fumo
Di caldo sangue empiean l’are e gli altari.
     Tosto che di lontan vider le gregge,
165E per entro de’ boschi occulte e chete
Gir navi esterne, insospettiti in prima
Si levâr da le mense. Ma Pallante
Arditamente, Non movete, disse,
Seguite il sacrificio. E tosto a l’armi


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