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[120-144] libro viii. 355

120Ne sia il tuo nume, e i tuoi detti non vani.
     Così dicendo, de’ suoi legni elegge
I due migliori, e gli correda e gli arma
Di tutto punto. Ed ecco d’improvviso
(Mirabil mostro!) de la selva uscita
125Una candida scrofa, col suo parto
Di candor pari, sopra l’erba verde
Ne la riva accosciata gli si mostra.
Tosto il pietoso eroe col gregge tutto
A l’altar la condusse; e poichè sacra
130L’ebbe al gran nume tuo, massima Giuno,
A te l’uccise. Il Tebro quella notte
Quanto fu lunga, di turbato e gonfio
Ch’egli era, si rendè tranquillo e quieto
Sì, che senza rumore e quasi in dietro
135Tornando, come stagno o come piena
Palude adeguò l’onde, e tolse a’ remi
Ogni contesa. Accelerando adunque
Il camin preso, i ben unti e spalmati
Lor legni se ne vanno incontro al fiume
140Com’a seconda; sì che l’onde stesse
Stavan meravigliose e i boschi intorno,
Non soliti a veder l’armi e gli scudi,
E i dipinti navili, che da lunge
Facean novella e peregrina mostra.


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