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[920-944] libro vii. 337

920Che nel muover de l’armi ai Geti, agl’Indi,
Agli Arabi, agl’Ircani, a qual sia gente
Ch’elle sian mosse, sì com’ora a’ Parti
Per ricovrar le mal perdute insegne,
S’apron le porte de la guerra in prima.
     925Queste son due, che per la riverenza,
Per la religïone e per la téma
Del fiero Marte, orribili e tremende
Sono alle genti; e con ben cento sbarre
Di rovere, di ferro e di metallo
930Stan sempre chiuse: e lor custode è Giano.
Ma quando per consiglio e per decreto
De’ Padri si determina e s’appruova
Che si guerreggi, il consolo egli stesso,
Sì come è l’uso, in abito e con pompa
935C’ha da’ Gabini origine e da’ regi,
Solennemente le disferra e l’apre:
Ed egli stesso, al suon de le catene
E de la ruginosa orrida soglia,
La guerra intuona: guerra, dopo lui
940Grida la gioventù: guerra e battaglia
Suonan le trombe; ed è la guerra inditta.
     In questa guisa era Latino astretto
D’annunzïarla ai Teucri; a lui quest’atto
D’aprir le triste e spaventose porte

Caro. — 22. [604-617]