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330 l’eneide. [745-769]

745L’avea nudrito e fatto umile e manso.
Silvia, una giovinetta sua figliuola,
L’avea per suo trastullo; e con gran cura
Di fior l’inghirlandava, il pettinava,
Lo lavava sovente. Era a la mensa
750A lor d’intorno; e da lor tutti amava
Esser pasciuto e vezzeggiato e tocco.
Errava per le selve a suo diletto,
E da sè stesso poi la sera a casa,
Come a proprio covil, se ne tornava.
755Quel dì per avventura di lontano
Lungo il fiume venía tra l’ombre e l’onde,
Da la sete schermendosi e dal caldo,
Quando d’Ascanio l’arrabbiate cagne
Gli s’avventaro, ed esso a farsi inteso
760D’un tale onore e di tal preda acquisto,
Diede a l’arco di piglio, e saettollo.
La Furia stessa gli drizzò la mano,
E spinse il dardo sì ch’a pieno il colse
Ne l’un de’ fianchi, e penetrògli a l’epa.
765Ferito, insanguinato, e con lo strale
Il meschinello ne le coste infisso,
Al consueto albergo entro ai presepi
Mugghiando e lamentando si ritrasse;
Ch’un lamentarsi, un dimandar aita


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