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[620-644] libro vii. 325

620Ne venite con me, meco ululatene.
     Così da Bacco e da le furie spinta
Ne gía per selve e per deserti alpestri
La regina infelice, quando Aletto,
Ch’assai già disturbato avea il consiglio
625Di re Latino e la sua reggia tutta,
Ratto su le fosc’ali a l’aura alzossi;
E là ’ve già d’Acrisio il seggio pose
L’avara figlia, ivi dal vento esposta,
A l’orgoglioso Turno si rivolse.
630Ardèa fu quella terra allor nomata,
E d’Ardèa il nome insino ad or le resta,
Ma non già la fortuna. In questo loco
Entro al suo gran palagio a mezza notte
Prendea Turno riposo. Allor ch’Aletto
635Vi giunse, e ’l torvo suo maligno aspetto
Con ciò ch’avea di Furia, in senil forma
Cangiando, raggruppossi, incanutissi,
E di bende e d’olivo il crin velossi:
Calibe in tutto fessi, una vecchiona
640Ch’era sacerdotessa e guardïana
Del tempio di Giunone; e ’n cotal guisa
Si pose a lui davanti, e così disse:
     Turno, adunque avrai tu sofferte indarno
Tante fatiche, e questi Frigi avranno


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