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[520-544] libro vii. 321

     520Era allor la regina, come donna,
E come madre, dal materno affetto,
Da lo scorno de’ Teucri, dal disturbo
De le nozze di Turno in molte guise
Afflitta e conturbata, quando Aletto,
525Per rivolgerla in furia, e co’ suoi mostri
Sossopra rivoltar la reggia tutta,
Da’ suoi cerulei crini un angue in seno
L’avventò sì, che l’entrò poscia al core.
Ei primamente infra la gonna e ’l petto
530Strisciando, e non mordendo, a poco a poco
Col suo vipereo fiato non sentito
Furor le spira. Or le si fa monile
Attorcigliato al collo: or lunga benda
Le pende da le tempie, or quasi un nastro
535L’annoda il crine. Alfin lubrico errando,
Per ogni membro le s’avvolge e serpe.
Ma fin che prima andò languido e molle
Soli i sensi occupando il suo veleno,
Fin che il suo foco penetrando a l’ossa
540Non avea tutto ancor l’animo acceso,
Ella donnescamente lagrimando
Sovra la figlia e sovra le sue nozze
Con tal queto rammarco si dolea:
     Adunque si darà Lavinia mia

Caro. — 21. [344-359]