Pagina:Eneide (Caro).djvu/360

[470-494] libro vii. 319

470Porrò, s’altro non posso, in tanto affare
Gara, indugio e scompiglio: a strage, a morte,
Ad ogni strazio condurrò le genti
De l’un rege e de l’altro; e questi avanzi
Faran primieramente i lor suggetti
475De la lor amistà. Con questo in prima,
Si sian suocero e genero. Di sangue
De’ Troiani e de’ Rutuli dotata
N’andrai, regia donzella, al tuo marito;
E del tuo maritaggio e del tuo letto
480Auspice fia Bellona in vece mia.
Cotal non partorì di face pregna
Ecuba a Troia incendio, qual Ciprigna
Arà con questo suo novello Pari
Partorito altro foco, altra ruina
485A quest’altr’Ilio. Ciò dicendo, in terra
Discese irata, e da l’inferne grotte
A sè chiamò la nequitosa Aletto.
De le tre dire Furie una è costei,
Cui son l’ire, i dannaggi, i tradimenti,
490Le guerre, le discordie, le ruine,
Ogn’empio officio, ogni mal opra a coro.
E tale un mostro in tanti e così fieri
Sembianti si trasmuta, e de’ serpenti
Sì tetra copia le germoglia intorno,


[315-326]