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308 l’eneide. [195-219]

195Ultimo rischio ad ultimar prescritto
Tutti i nostri altri perigliosi affanni.
Or via, dimane a l’apparir del sole
Per diversi sentier lungi dal porto
Tutti gioiosamente investighiamo
200Che paese sia questo, da che gente
Sia cólto, dove sien le terre loro.
Ora a Giove si béa; faccinsi preci
Al padre Anchise; e sian le mense tutte
Di vin piene e di tazze. E, ciò dicendo,
205Di frondi s’inghirlanda: e del paese
Il genio, e de la terra il primo nume
Primieramente inchina, e le sue ninfe,
E ’l fiume ancor non conto. Indi la Notte,
E de la Notte le sorgenti stelle,
210E Giove idèo, e d’Ida la gran madre,
E la madre di lui dal cielo invoca.
E da l’Erebo il padre. E qui di lampi
Cinto, di luce e d’oro, e di sua mano
Folgorando il gran Giove a ciel sereno
215Tonò tre volte. In ciò repente nacque
Tra le squadre troiane un lieto grido,
Ch’era già ’l tempo di fondar venuto
Le desiate mura. A tanto annunzio
Tutti commossi, a rinovar le mense,


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