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304 l’eneide. [95-119]

95Con molta riverenza era serbato.
Si dicea che Latino esso re stesso
Nel designare i suoi primi edifici,
Là ’ve trovollo, di sua mano a Febo
L’avea dicato; e ch’indi il nome diede
100A’ suoi Laurenti. A questo lauro in cima
Meravigliosamente di lontano
Romoreggiando a la sua vetta intorno
Venne d’api una nugola a posarsi;
E con l’ali e co’ piè l’una con l’altra,
105E tutte insieme aggraticciate e strette
Stier d’uva in guisa a le sue frondi appese.
Ciò l’indovino interpretando, Io veggo,
Disse, venir da lunge un duce esterno,
Ed una gente che d’un loco uscita
110In un loco medesmo si rauna,
Ed altamente ivi s’alloga e regna.
Stando un giorno, oltre a ciò, Lavinia virgo
Sacrificando col suo padre a canto,
Ed a l’altar caste facelle offrendo,
115Parve (nefanda vista!) che dal foco
Fossero i lunghi suoi capelli appresi,
E che stridendo, non pur l’oro ardesse
De le sue trecce, ma il suo regio arnese
E la corona stessa, che di gemme


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