1220Mi sembra, ed è di Roma il santo rege,
Che dal picciolo Curi a grande impero
Sarà da lei chiamato, e sarà il primo
Che cerimonie introdurravvi e leggi.
A lui Tullo vien dopo, il forte e saggio, 1225Ch’ai dismessi trionfi rivocando
La gente già per lunga pace imbelle,
La tornerà, di neghittosa e mite,
Un’altra volta armigera e guerriera.
Anco è quell’altro che lo segue appresso, 1230Che d’onor troppo e del favor del volgo
Di già si mostra ambizïoso e vago.
Or vedi là, se di vederli agogni,
Anco i Tarquini regi, e quel superbo
Vendicator de la superbia loro, 1235Bruto, consol primiero, e quei suoi fasci
E quelle accette ond’ei, padre crudele,
De la patria buon figlio, i figli suoi
Per l’altrui bella libertate ancide.
Infortunato lui! che che dopoi 1240De la posterità se ne favelle.
Vince il publico amore, e ’l gran desio
D’umana lode in lui l’affetto interno
De la natura e del suo sangue stesso.
Mira poco in disparte i Decii, i Drusi,