620Una tal soporifera mistura,
La gittò dentro a le bramose canne.
Egli ingordo, famelico e rabbioso
Tre bocche aprendo, per tre gole al ventre
Trangugiando mandolla, e con sei lumi 625Chiusi dal sonno, anzi col corpo tutto
Giacque ne l’antro abbandonato e vinto.
Cerbero addormentato, occupa Enea
D’Erebo il passo, e ratto s’allontana
Dal fiume, cui chi varca unqua non riede. 630Sentono al primo entrar voci e vagiti
Di pargoletti infanti, che dal latte
E da le culle acerbamente svelti
Vider ne’ primi dì l’ultima sera.
Varcano appresso i condannati e morti 635Senza lor colpa, e non senza compenso
Di giudizio e di sorti. Han quelle genti
Così disposti e divisati i lochi.
Sta Minos ne l’entrata, e l’urna avanti
Tien de’ lor nomi, e le lor vite essamina, 640E le lor colpe; e quale è questa o quella,
Tal le dà sito, e le rauna e parte.
Passan di mano in mano a quei che feri
Incontro a sè, la luce in odio avendo
E l’alme a vile, anzi al prescritto giorno