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262 l’eneide. [420-444]

420Molte, oltre a ciò, vi son di varie fere
Mostruose apparenze. In su le porte
I biformi centauri, e le biformi
Due Scille; Brïarèo di cento doppi;
La Chimera di tre, che con tre bocche
425Il fuoco avventa: il gran Serpe di Lerna
Con sette teste; e con tre corpi umani
Èrilo e Gerióne; e con Medusa
Le Górgoni sorelle; e l’empie Arpie,
Che son vergini insieme, augelli e cagne.
     430Qui preso Enea da sùbita paura
Strinse la spada, e la sua punta volse
Incontro a l’ombre; e se non ch’ombre e vite
Vote de’ corpi e nude forme e lievi
Conoscer ne le fe la saggia guida,
435Avrebbe impeto fatto, e vanamente
In vane cose ardir mostro e valore.
Quinci preser la via là ’ve si varca
Il tartareo Acheronte. Un fiume è questo
Fangoso e torbo, e fa gorgo e vorago,
440Che bolle e frange, e col suo negro loto
Si devolve in Cocíto. È guardïano
E passeggiero a questa riva imposto
Carón demonio spaventoso e sozzo,
A cui lunga dal mento, incolta ed irta


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