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[395-419] libro vi. 261

395Le cieche grotte, per gli oscuri e vòti
Regni di Dite; e sol d’errori e d’ombre
Avean rincontri: come chi per selve
Fa notturno viaggio, allor che scema
La nuova luna è da le nubi involta,
400E la grand’ombra del terrestre globo
Priva di luce e di color le cose.
     Nel primo entrar del doloroso regno
Stanno il Pianto, l’Angoscia, e le voraci
Cure, e i pallidi Morbi e ’l duro Affanno
405Con la debil Vecchiezza. Evvi la Tema,
Evvi la Fame: una ch’è freno al bene,
L’altra stimolo al male: orrendi tutti
E spaventosi aspetti. Avvi il Disagio,
La Povertà, la Morte, e, de la Morte
410Parente, il Sonno. Avvi de’ cor non sani
Le non sincere Gioie. Avvi la Guerra,
De le genti omicida, e de le Furie
I ferrati covili, il Furor folle,
L’empia Discordia, che di serpi ha ’l crine,
415E di sangue mai sempre il volto intriso.
     Nel mezzo erge le braccia annose al cielo
Un olmo opaco e grande, ove si dice
Che s’annidano i Sogni, e ch’ogni fronda
V’ha la sua vana imago e ’l suo fantasma.


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