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250 l’eneide. [120-144]

120Era affrenata, e le rabbiose labbia
E l’efferato core al suo misterio
Più mansueto e più vinto rendea.
Eran da lor già de la grotta aperte
Le cento porte, allor ch’ella gridando
125Così mandò la sua risposta a l’aura:
     Compíti son del mar tutti i pericoli;
Restan quei de la terra, che terribili
Saran veracemente e formidabili.
Verranno i Teucri al regno di Lavinio:
130Di ciò t’affido. Ma ben tosto d’esservi
Si pentiranno. Guerre, guerre orribili
Sorger ne veggio, e pien di sangue il Tevere.
Saravvi un altro Xanto, un altro Simoi,
Altri Greci, altro Achille, che progenie
135Ancor egli è di Dea. Giuno implacabile
Allor più ti sarà, che sopplichevole
Andrai d’Italia a quai non terre o popoli
D’aìta mendicando e di sossidii!
E fian di tanto mal di nuovo origine
140D’esterna moglie esterne sponsalizie.
Ma ’l tuo cor non paventi, anzi con l’animo,
Supera le fatiche e gl’infortunii;
Chè tua salute ancor da terra argolica
(Quel che men credi) avrà lume e principio.


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