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236 l’eneide. [1045-1069]

1045Ti condurrà la vergine sibilla.
Ivi conto saratti il tuo legnaggio,
E ’l tuo seggio fatale: e qui ti lascio,
Già che varcato è de la notte il mezzo,
E del nimico sol dietro anelando
1050I veloci destrier venir mi sento.
E ciò dicendo, allontanossi e sparve.
     Dove, padre, ne vai, dove t’ascondi?
Dicendo Enea, chi fuggi? o chi ti toglie
Da le mie braccia? al già sopito foco
1055Si trasse, e lo raccese; e incenso e farro
Offrì devoto ai sacrosanti numi
De l’alma Vesta e de’ suoi patrii Lari.
     Indi i compagni, e pria di tutti Aceste,
De l’imperio di Giove e de’ ricordi
1060Del caro padre incontinente avvisa,
E ’l suo parer ne porge. In un momento
Si propon, si consulta, e s’esseguisce.
Aceste non recusa; e già descritti
I nomi de le madri, degl’infermi,
1065E de le genti che mistiero o cura
Avean più di riposo che di lode.
Essi pochi, ma scelti, e guerrier tutti,
Rivolti a risarcir gli adusti legni
Rinovaron le sarte, i remi, i banchi,


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