Pagina:Eneide (Caro).djvu/274

[970-994] libro v. 233

970Sopra gli si versava, erano invano.
     Squarciossi Enea dagli omeri la veste,
Ch’avea lugúbre, e da’ celesti aita
Chiedendo, al ciel volse le palme e disse:
Onnipotente Giove, se de’ Teucri
975Ancor non t’è, senza riservo, in ira
La gente tutta, e se, qual sei, pietoso
Miri agli umani affanni, a tanto incendio
Ritogli, padre, i male addotti legni;
Ritogli a morte queste poche afflitte
980Reliquie de’ Troiani, o quel che resta
Tu col tuo proprio telo, e di tua mano
(Se tale è il merto mio) folgora e spegni.
     Ciò disse a pena, che da torbidi austri,
E da nera tempesta il cielo involto
985In disusata pioggia si converse.
Tremaro i campi, si crollaro i monti
Al suon de’ tuoni: a cateratte aperte
Traboccâr da le nubi i nembi e i fiumi.
Così sotto dal mar, sovra dal cielo
990Le già quasi arse navi in mezzo accolte
Furon da l’acque: onde le fiamme in prima,
Poscia il vapor s’estinse, e tutte spente,
Se non se quattro, si salvaro al fine.
     Di sì fero accidente Enea turbato,


[684-700]