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[720-744] libro v. 223

720Che l’albero investì. Tremonne il legno,
Spaventossi l’augello; e d’alte grida
Risonò ’l campo e la riviera tutta.
     Memmo vien dopo, e pon la mira, e scocca:
E ’l misero fra’ piè colpisce appunto
725In su la corda, e ne recide il nodo.
Libera la colomba a volo alzossi,
E per lo ciel veloce a fuggir diessi.
Eurizio allor, ch’avea già l’arco teso
E la cocca in sul nervo, al suo fratello
730Votossi, e trasse; e ne le nubi stesse
(Sì come lieta se ne giva e sciolta)
La ferì sì che con lo strale a terra
Cadde trafitta, e lasciò l’alma in cielo.
     Sol vi restava Aceste, a cui la palma
735Era già tolta: ond’ei scoccò ne l’alto
Lo strale a vòto, e la destrezza e l’arte
Mostrò nel gesto e nel sonar de l’arco.
Quinci subitamente un mostro apparve
Di meraviglia e di portento orrendo;
740Come si vide, e come interpretato
Fu poi da formidabili indovini.
Chè la saetta in su le nubi accesa
Quanto volò, tanto di fiamma un solco
Si trasse dietro, infin ch’ella nel foco,


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