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222 l’eneide. [695-719]

695Fa di Sergesto, e ne l’arena il pianta:
Suvvi una fune, e ne la fune appende
Una viva colomba, e per bersaglio
La pon de le saette e degli arcieri.
Fersi i più chiari avanti, e i nomi loro
700Del fondo si cavâr d’un elmo a sorte.
Uscío primiero Ippocoonte, il figlio
D’Irtaco generoso, a cui con lieto
Grido la gente applause. A lui secondo
Fu Memmo, che pur dianzi il pregio ottenne
705Del naval corso: e Memmo, sì com’era,
Di verde oliva incoronato apparve.
Apparve Eurizio il terzo; ed era questi
Minor, ma ben di te degno fratello,
Pándaro glorïoso, che de’ Teucri
710Rompesti i patti, e saettasti in mezzo
A l’oste greca il gran campione argivo.
Ultimo si restò de l’elmo in fondo
Il vecchio Aceste, che sì vecchio anch’egli
Ardì di porsi a giovenil contrasto.
715Tesero gli archi e trasser le quadrella
Da le faretre. A tutti gli altri avanti
D’Ìrtaco il figlio a saettare accinto
Col suon del nervo e del pennuto strale
L’aura percosse e sì dritto fendella


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