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220 l’eneide. [645-669]

645Sì com’eran de’ Sicoli e de’ Teucri
Gli animi e i vóti a i due compagni affetti.
Le grida al ciel ne giro. Aceste il primo
Corse per sollevare il vecchio amico;
Ma nè dal caso ritardato Entello,
650Nè da tèma sorpreso, in un baleno
Risurse e più spedito e più feroce;
Chè l’ira, la vergogna e la memoria
Del passato valor forza gli accrebbe.
Tornò sopra a Darète, e per lo campo
655Tutto a forza di colpi orrendi e spessi
Lo mise in volta, or con la destra in alto,
Or con la manca, senza posa mai
Dargli, nè spazio di fuggirlo almeno.
     Non con sì folta grandine percuote
660Oscuro nembo de’ villaggi i tetti,
Come con infiniti colpi e fieri
Sopra Darète riversossi Entello.
Allor il padre Enea, l’un ritogliendo
Da maggior ira, e l’altro da stanchezza
665E da periglio, entrò nel mezzo; e prima
Fermato Entello, a consolar Darète
Si rivolse dicendo: E che follía
Ti spinge a ciò? Non vedi a cui contrasti?
Non senti e le sue forze e i numi avversi?


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