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214 l’eneide. [495-519]

495Essere non può quando sia Salio il primo.
     Enea così decise: Aggiate voi,
Generosi garzoni, i pregi vostri;
E nulla in ciò de l’ordine si muti:
Ch’io sopplirò con degna ammenda al caso,
500Ond’ha fortuna indegnamente afflitto
L’amico mio. Ciò detto, una gran pelle
Presenta a Salio d’un leon getúlo,
C’ha il tergo irto di velli e l’unghie d’oro.
E qui Niso: O signor, disse, di tanto
505Guiderdonate i perditori, e tale
Di chi cade pietà vi prende; ed io
Di pietà non son degno nè di pregio,
Io che son di fortuna a Salio eguale,
E di valore a tutti gli altri avanti?
510E ciò dicendo, sanguinoso il volto
E livido mostrossi e lordo tutto.
     Rise il buon padre Enea, poscia un pregiato
E degno scudo, ch’a le porte appeso
Era già di Nettuno, ed ei riscosso
515L’avea da’ Greci, con mirabil arte
Dal saggio Didimáone construtto,
Venir tosto si fece, e Niso armonne.
Finiti i corsi e dispensati i doni,
Or, disse Enea, qual sia che vaglia ed osi


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