Pagina:Eneide (Caro).djvu/22


argomenti. xxi


LIBRO III.


Caduta Troia, Enea raccoglie i superstiti e messa in assetto, presso Antandro, un’armata di venti navi, fa vela, ed approda primieramente nella Tracia. Quivi mentre sta gettando le fondamenta di una città, è atterrito dal prodigio di Polidoro, ucciso già da Polimestore: onde salpa di nuovo e prende terra a Delo, 1-77; dove consultando l’oracolo di Apollo, ne ha il responso che «dee ritornare all’antica madre della sua gente:» il quale oracolo male interpretato da Anchise fa volgere i Troiani a Creta, 78-120. Ivi, quando già sorgevan le mura, una fierissima pestilenza li flagella. Onde Enea, ammonito in sogno dai Penati, abbandona Creta e si dirige verso l’Italia, 121-269. In questa navigazione colti da improvvisa tempesta, son gettati alle isole Strofadi, di dove respinti dalle offese delle Arpie e dai tristi presagi di una di esse, Celeno, riparano ad Azzio, e vi celebrano i giuochi in onore di Apollo, 270-290. Di là si tragittano a Corcira, e nell’Epiro, che allora era soggetto all’indovino Eleno, un figlio di Priamo. Il quale dopo le accoglienze oneste e liete espone ed Enea tutti i pericoli di terra e di mare che gli

Caro. B