220A la materna Delo il biondo Apollo,
Allor che festeggiando accolti e misti
Infra gli altari i Drïopi, i Cretesi,
E i dipinti Agatirsi in varie tresche
Gli s’aggirano intorno; o quando spazia 225Per le piagge di Cinto, a l’aura sparsi
I bei crin d’oro, e de l’amata fronde
Le tempie avvolto, e di faretra armato;
Tal fra la gente si mostrava, e tale
Era ne’ gesti e nel sembiante Enea, 230Sovra d’ogn’altro valoroso e vago.
Poscia che furo a’ monti, e nel più folto
Penetrâr de le selve, ecco dai balzi
De l’alte rupi uscir capri e camozze,
E cervi altronde, che d’armenti in guisa, 235Quasi in un gruppo, spaventati, a torme
Fuggono al piano, e fan nubi di polve.
Di ciò gioioso il giovinetto Iulo
Sul feroce destrier per la campagna
Gridando e traversando, or questo arriva, 240Or quel trapassa: e nel suo core agogna
Tra le timide belve o d’un cignale
Aver rincontro, o che dal monte scenda
Un velluto leone. In questa il cielo
Mormorando turbossi, e pioggia e grandine