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[420-444] libro iii. 121

420Di Laomedonte, depredati e scorsi
Gli armenti e i campi nostri, che ancor guerra,
Guerra ancor ne movete? E l’innocenti
Arpie scaccîar del patrio regno osate?
Ma sentite, e nel cor vi riponete
425Quel ch’io v’annunzio. Io son Furia suprema
Ch’annunzio a voi quel che ’l gran Giove a Febo
E Febo a me predice. Il vostro corso
È per l’Italia, e ne l’Italia arete
E porto e seggio. Ma di mura avanti,
430La città che dal ciel vi si destina,
Non cingerete, che d’un tale oltraggio
Castigo arete; e dira fame a tanto
Vi condurrà, che fino anco le mense
Divorerete. E, così detto, il volo
435Riprese in vèr la selva, e dileguossi.
     Sgomentaronsi i miei, cadde lor l’ira;
E prieghi, invece d’armi, e voti oprando,
Mercè chiesero e pace, o Dive o Dire
Che si fosser l’alate ingorde belve:
440E ’l padre Anchise in su la riva sporte
Al ciel le palme, e i gran celesti numi
Umilmente invocando, indisse i sacri
A lor dovuti onori: O Dii possenti,
O Dii benigni, voi rendete vane


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