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[370-394] libro iii. 119

370Ecco sparsi veggiam per la campagna
Senza custodi andar gran torme errando
Di cornuti e villosi armenti e greggi.
Smontiamo in terra; e per far carne, prese
L’armi, a predare andiamo, e de la preda
375Gli Dei chiamiamo e Giove stesso a parte.
     Fatta la strage e già parati i cibi,
E distese le mense, eravam lungo
Al curvo lito a ricrearne assisi,
Quand’ecco che da’ monti in un momento
380Con dire voci e spaventoso rombo
Ne si fan sopra le bramose arpie;
E con gli urti e con l’ali e con gli ugnoni,
Col tetro, osceno, abbominevol puzzo
Ne sgominâr le mense, ne rapiro,
385Ne infettâr tutti e i cibi e i lochi e noi.
     Era presso un ridotto, ove alta e cava
Rupe d’arbori chiusa e d’ombre intorno
Facea capace ed opportuno ostello.
Ivi ne riducemmo, e ne le mense
390Riposti i cibi e ne gli altari i fochi,
A convivar tornammo, ed ecco un’altra
Volta d’un’altra parte per occulte
E non previste vie ne si scoverse
L’orribil torma; e con gli adunchi artigli,


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