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[220-244] libro iii. 113

220Lasciammo indietro: indi di mano in mano
L’altre Cicladi tutte e ’l mar che rotto
Da tant’isole e chiuso ondeggia e ferve;
E seguendo, com’è de’ naviganti
Marinaresca usanza, in Creta! in Creta!
225Lietamente gridando, con un vento
Che ne fería senza ritegno in poppa,
Quasi a volo andavamo; onde ben tosto
De’ Cureti appressammo i liti antichi;
E gli scoprimmo, e v’approdammo alfine.
230Giunti che fummo, avidamente diemmi
A fabricar le desiate mura,
E Pergamea da Pergamo le dissi.
Con questo amato nome amore e speme
Destai di nuova patria, e studio intenso
235D’alzar le mura e di fondar gli alberghi.
     Eran le navi in su la rena addotte
Per la più parte; era la gente intenta
A l’arti, a la coltura, ai maritaggi,
Ad ogni affare; ed io lor ministrava
240Leggi e ragioni, e facea templi e strade,
Quando fera, improvvisa pestilenza
Ne sopravvenne; e la stagione e l’anno
E gli uomini e gli armenti e l’aria e l’acque
E tutto altro infettonne; onde ogni corpo

Caro. — 8. [126-140]