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xiv ai lettori.

tore che a me. E già le mie parole son troppe. Mi occorre però ancora di dire che non m’è piaciuto d’imitare l’esempio degli altri editori, i quali hanno ammodernato molti vocaboli. Ed ho lasciato il suffocare, il Bora, il fulgurò, il vertú, lo sbergo, l’occisione, l’occiso, l’effigi, il profetezza, le redine, il sossidio, l’essequire, il Volcano e moltissimi altri. Ma come l’uso di queste forme non era costante della Giuntina, così anche qui si è mantenuta la stessa incostanza e vi si legge pure sussidio, uccise, folgorare, Vulcanoec. ec. Queste minuzie mi pare che giovino alla storia delle parole.

Quanto all’ortografia ho tenuto questa regola, che, trattandosi di versi, mi è sembrata la più sicura: se l’uso odierno non induceva alcuna variazione di armonia, di accenti, di suoni o di consonanze, ho seguito l’uso odierno: e così di a i, de i,