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108 l’eneide. [95-119]

95E che per te non osa, e che non tenta
Quest’umana ingordigia? Or poi che ’l gielo
Mi fu da l’ossa uscito, ai primi capi
Del popol nostro ed a mio padre in prima
Il prodigio refersi, e di ciascuno
100Il parer ne spiai. Via, disser tutti
Concordemente, abbandoniam quest’empia
E scelerata terra; andiam lontano
Da questo infame e traditore ospizio;
Rimettianci nel mare. Indi l’essequie
105Di Polidoro a celebrar ne demmo;
E, composto di terra un alto cumulo,
Gli altar vi consacrammo ai numi inferni,
Che di cerulee bende e di funesti
Cipressi eran coverti. Ivi le donne
110D’Ilio, com’è fra noi rito solenne,
Vestite a bruno e scapigliate e meste
Ulularono intorno; e noi di sopra
Di caldo latte e di sacrato sangue
Piene tazze spargemmo, e con supremi
115Richiami amaramente al suo sepolcro
Rivocammo di lui l’anima errante.
Nè pria ne si mostrâr l’onde sicure,
E fidi i venti, che, del porto usciti,
Incontinente ne vedemmo avanti


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