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tavano opinioni così disparate, significava che tutte le sfumature del partito liberale, dalle più blande, come quelle designate dal nome del Silvestrelli, fino alle più rosse, come quelle indicate dai nomi di Giovanni Costa e dell’Anieni, erano state messe insieme per combattere la reazione.

Il «Circolo Bernini» prima di concordare questa lista unica, voleva che ogni frazione del partito liberale portasse una lista propria e contro quella proposta parlò il Crispi, dicendo che a voler seriamente la concordia occorreva che le speciali rappresentanze si fondessero davvero in una sola. Guido Baccelli combattè il Crispi, ma le idee del primo prevalsero.

Però la frazione più spinta del «Circolo Romano» volle separarsi dal grande partito liberale scandalizzata perchè Benedetto Cairoli non era portato nella lista, mentre da quella erano stati esclusi tutti i non romani, meno Terenzio Mamiani, che era la bandiera sotto la quale s’impegnava la lotta. La Capitale, naturalmente era l’organo di quella frazione e indisse un meeting all’Argentina presieduto dal general Fabrizi. In quel meeting ricompare sulla scena il Luciani, l’arruffapopoli di quel tempo, il quale dopo aver biasimato il lavoro della commissione si scagliò contro Francesco Crispi per essersi associato a un circolo composto di consorti. Crispi, che era in un palco, chiese la parola, ma Luciani continuò a inveire contro la consorteria, che per restare al potere, doveva appoggiarsi sui preti. Edoardo Arbib lo interruppe, ma Luciani e altri parevano invasati, tanto che il Parboni dovette intervenire per ristabilir la calma invocando un argomento infallibile: che i preti, cioè, avrebbero riso di quelle grida. Il Luciani potè terminare la sua diatriba contro la consorteria e presentare una mozione contro la lista democratica, che era stata letta dal segretario del meeling. L’avvocato Muratori volle difendere l’operato di Francesco Crispi, ma esso non ne aveva bisogno, e il deputato siciliano, alzatosi, disse, in mezzo a un religioso silenzio:

«Cittadini!

«Il mio nome è stato fatto segno a delle accuse che non possono rimanere senza una mia breve risposta. Il signor Luciani e un altro oratore dissero che ero venuto meno ai miei principii, e che avevo unito il mio nome a quello della consorteria, mentre il vero è che la consorteria mi ha sempre avuto fra i suoi più fieri avversarii; la mia vita, del resto, può testimoniare quali sono i miei principii, quale la parte presa agli avvenimenti politici; ormai sono troppo vecchio, perchè mi possano pungere accuse di questo genere e perchè debba ricominciare la mia carriera nei circoli e nelle associazioni, per cui mi affretto a dichiarare che non faccio parte di circoli nè di associazioni politiche, e se accettai il mandato conferitomi dal Circolo Nazionale, composto per la massima parte di persone non romane, ciò fu appunto perchè il Circolo che mi aveva conferito il mandato non aveva colore politico. Del resto, non ho decorazioni, non onori, nulla chiedo e nulla spero, se non che mi si lasci vivere in pace ed all’infuori dei rumori della politica, desiderio che ho già altre volte, e in modo non dubbio, manifestato. Ma perchè giudichiate con conoscenza di causa la inia condotta nella presente circostanza, permettete che io vi faccia un po’ di storia.

«Eravamo nel 1848, ed il movimento nazionale incominciava col grido di «Viva Pio IX»; molti dei nostri amici ripeterono questo grido, fino al giorno in cui Pio IX, con la sua enciclica del 29 aprile, dichiarò di considerare anche gli Austriaci come suoi figli, si proclamò contrario alla guerra e quindi all’indipendenza d’Italia. Quei nostri amici, dei quali non avevamo divise le illusioni, si erano ingannati.

«Venne quindi il 1859, venne il 1860, e, malgrado il nostro patriottismo, noi abbiamo dovuto riconoscere che le nostre forze, le forze del partito democratico, erano insufficienti ad ottenere il riscatto del paese, e ci siamo schierati sotto una bandiera che non era la nostra, e Dio sa se ci costasse di rinunziare ai nostri principii. Era una transazione patriottica e necessaria per il grande scopo che si