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La campagna in favore della riforma universitaria e contro l’abolizione della facoltà di teologia, è la vera gloria del Bonghi come uomo parlamentare.

Dopo votata la legge universitaria cadde il Correnti, accusato di connivenza con la sinistra, poichè egli stava per presentare un progetto di legge per l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole secondarie e classiche, che il resto del Gabinetto non approvava. Ebbe l’interim dell’istruzione pubblica il Sella e disse che quel disegno di legge doveva essere maturamente studiato. E allora il Gabinetto, spinto dalla sinistra sulla via di riforme troppo affrettate, dovette incominciare un’opera di continua difesa. Si voleva la separazione della Chiesa dallo Stato, l’abolizione del macinato, il suffragio universale e altre riforme ancora. Il Ministero non poteva seguire la sinistra su questa via. Però il Sella, che si era accorto quanto malcontento avesse prodotto la legge sulla Università di Roma, propose una spesa di 500,000 lire, che fu approvata, per creare gabinetti sperimentali di fisiologia e di fisica e un laboratorio di chimica.

La tanto temuta alleanza fra l’Italia e la Germania andava formandosi. Sulla fine di maggio il Principe e la Principessa di Piemonte partivano per Berlino in forma ufficiale, per tenere a battesimo l’ultima figlia del principe Federigo Guglielmo e della principessa Vittoria, alla quale fu imposto il nome di Margherita. La nostra Principessa reale portò in dono alla madre della neonata un ricchissimo finimento d’oro, perle e rubini lavorato dal Castellani, e la corte di Berlino, della quale allora era capo venerato l’imperatore Guglielmo, trattò i nostri Principi non solo come amici proprii, ma come rappresentanti di una potenza alleata. Durante quel soggiorno a Berlino, l’imperatore creò il principe Umberto colonnello del 13° ussari.

Dopo Berlino, i Principi andarono alla corte di Sassonia e quindi la principessa Margherita si recò a Schwalbach e di là a Ostenda per una cura prescrittale dal professor Maggiorani, e il Principe ereditario tornò in Italia.

Non solo con la Germania, ma ancora con l’Austria, si erano creati eccellenti rapporti, e i movimenti della diplomazia lo provarono. Era stato accreditato presso la Santa Sede il conte di Trautmansdorff, il quale aveva prestato facile orecchio alle proteste Vaticane. Egli fu richiamato e gli si dette per successore il barone Kübeck, che era stato prima accreditato presso il re d’Italia ed aveva simpatie per il nostro paese. Ministro presso il re d’Italia si nominò il conte Wimpffen, uomo importante e intelligente. Il principe Umberto nel suo passaggio in Baviera, fu pure ossequiato dagli ambasciatori d’Austria e di Germania e il conte Andrassy, cancelliere dell’impero Austro-Ungarico, fece presentare al Principe le sue scuse per non aver dato ordine al governatore del Tirolo di andargli incontro al confine. Il re Vittorio e l’imperatore Francesco Giuseppe si scambiavano doni; e il Governo nostro invitato a partecipare all’esposizione mondiale di Vienna, vi mandava come commissari il Brioschi e l’Ellena.

Ma anche la partenza del principe Umberto per Berlino aveva dato luogo a un brutto incidente. All’ambasciata di Francia presso il Quirinale era addetto in qualità di terzo segretario, un certo signore di Hennessy, reazionario per la pelle. Egli andò alla stazione al momento della partenza e passò più volte villanamente dinanzi al Principe, gettandogli in faccia buffi di fumo. Lo vide il conte Giannotti, ufficiale d’ordinanza e ardente ufficiale, il quale non tollerò l’insulto e appena il treno fu partito, uscì dalla stazione e disse parole insultanti al de Hennessy dandogli la sua carta e ne aspettò i padrini. Questi vennero e si abboccarono con quelli del Giannotti, e il de Hennessy fu costretto a dichiarare di aver salutato il Principe e di non averlo voluto offendere passandogli davanti più volte per cercare una persona, che era nel treno. La cosa però si era risaputa in un