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cipessa Falconieri fece ballare nel suo palazzo in Via Giulia, Photiades Bey, ministro di Turchia, dette ricevimenti nel palazzo del Drago in via delle Quattro Fontane, e il marchese e la marchesa Gavotti-Verospi alle Tre Cannelle.

Il numero delle signore che intervenivano ai balli aumentava sempre e il pubblico con la solita curiosità notava le diserzioni del campo nero. In quell’anno comparvero nella società romana, oltre la principessa di Triggiano, la principessa Ginetti, nata duchessa di Valmy, che seguiva pure intrepidamente le caccie alla volpe, ed era ammiratissima per la bellezza e l’eleganza; donna Lavinia Boncompagni, non ancora maritata, bella, e graziosissima, il più delicato ornamento dei balli in casa della sorella, principessa Pallavicini; la principessa di Roccagorga, nata Hojos, che nonostante fosse di casa Orsini andava nel mondo bianco, e la contessa Di Carpegna.

Riceverono pure le tre sorelle Bonaparte, cioè la contessa Primoli, la marchesa di Roccagiovine e la contessa di Campello, quando il principe Napoleone venne a Roma e vi si trattenne qualche tempo. Il principe Carlo Bonaparte gli dette un pranzo alla sua villa ove assistevano anche diversi deputati italiani.

Di visite principesche ve ne fu gran dovizia e per questo numerosissimi furono i pranzi al Quirinale in loro onore.

Venne prima di tutte la granduchessa Maria di Russia, che fu subito seguita dal gran duca Michele e dalla granduchessa Olga. Giunse quindi il granduca di Mecklemburgo e dopo il principe Federigo Carlo di Prussia, nipote dell’imperatore, e queste due visite ebbero anche carattere politico, almeno si disse. Se ciò non è vero, esse servirono a dar nell’occhio alla Francia e a rafforzare i legami di amicizia fra le famiglie regnanti di Germania e d’Italia.

Il principe Federigo Carlo si era coperto di gloria a Alsen, nella guerra del 1864, in quelle di Boemia e di Francia. Non era bello come suo cugino, ma piacevole, amante delle caccie, degli esercizi del corpo, ammiratore delle antichità romane, come ogni buon tedesco, e conoscitore di esse. Egli visitava ogni luogo consacrato dalla storia o dall’arte, ma non piacevangli le riunioni eleganti. Abitava al palazzo Caffarelli, che non era ancora proprietà del Governo tedesco, ma era sede della legazione.

Quando egli giunse, il Re non era a Roma; si tratteneva a Napoli, volendo evitare che il principe Federigo Carlo s’incontrasse con suo genero, il principe Napoleone. Questi evitò sempre di vederlo, e finchè fu a Roma non visitò neppure il Foro, per non incontrarsi con lui. Le visite scambiate fra il principe Federigo Carlo e il principe Umberto furono cordialissime. Il principe Federigo Carlo andò dal Papa e vi si trattenne venti minuti. Pare che in quel colloquio si parlasse di Roma e Pio IX accennasse ai lavori che vi aveva ordinati deplorando di non poterli vedere; al che il principe si vuole rispondesse che faceva male di non uscire.

Il principe ando una sera all’«Apollo» e il teatro, che in quella stagione era sempre vuoto, si empi per incanto, e gli evviva al vincitore, all’Imperatore e alla Germania non finivano più.

Il Re torno da Napoli appena partito il principe Napoleone, e dette un gran pranzo in onore del principe Federigo Carlo e gli fece rimettere le insegne della gran croce e del gran cordone dell’Ordine di Savoia. Il principe fu trasportato a Palermo su una nave della Marina Reale, la fregata «Principe Umberto» e il general Medici gli fece gli onori della città.

Tornando di Grecia vennero a Roma anche il re e regina di Danimarca, che viaggiavano sotto il nome di conte e di contessa di Falster. Essi erano accompagnati da numeroso seguito e presero alloggio all’Hotel de Rome. I Sovrani andarono al Vaticano e al Quirinale e dalla Corte