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Leopoldo Torlonia, secondo il duca di Sermoneta e terzo don Emanuele Ruspoli, che venne rieletto sindaco.
Il 6 luglio giunsero a Roma gli sposi, duca e duchessa d’Aosta e il 7 vi fu la trascrizione dell’atto nuziale, fatta dal Crispi come notaio della Corona. Prima il notaio era il Ministro degli esteri e di questo cambiamento si fece al presidente del Consiglio un carico dagli oppositori, i quali credevano che quelle funzioni avessero un compenso pecuniario.
Le dame romane presentarono alla sposa una lampada artistica, e la Regina si mostrò cordialissima con la nuova nipote, che compiacevasi di condurre in carrozza seco, quasi volesse presentarla ai Romani.
Il 12 luglio la Camera si occupò della proposta Vischi tendente a far dichiarare il XX settembre festa nazionale. Moltissimi deputati presero la parola per combattere la proposta, strenuamente difesa dal Crispi. La legge fu approvata per appello nominale alla quasi unanimità e poco dopo il Finali facevala approvare anche dal Senato.
Dopo la visita di Kiel, la squadra italiana, al comando del duca di Genova era andata in Inghilterra, ov’ebbe un’accoglienza più che cordiale. In quella occasione la Regina Vittoria telegrafò al nostro Re segnalando la festosa accoglienza fatta dalla marina e dal popolo inglese al duca di Genova e alla squadra, ed espresse la speranza che quella amicizia fosse perpetua.
Fra i preparativi dei festeggiamenti per il settembre, vi era quello della erezione di una colonna commemorativa fuori di Porta Pia, che doveva sorgere per sottoscrizione privata. Il 14 luglio fu posta la prima pietra del monumento.
La Camera annullò le elezioni Bosco, Barbato e de Felice e il 21 una quantità d’interrogazioni furono rivolte al presidente del Consiglio e al Guardasigilli circa la pubblicazione fatta dall’on. Cavallotti, sotto forma di denunzia al Procuratore del Re, per i fatti, che imputava al Crispi, il quale si rifiutò di rispondere. L’on. Imbriani, ripetendo quello che aveva già detto in altra seduta il Bovio esclamò: «Qui vi è un deputato calunniatore e un ministro accusato: o calunniatore o reo debbono esser puniti» Ma il dilemma posto dal deputato di Corato rimase allo stato di dilemma, anche allorchè l’on. Marescalchi, mandato alla Camera dagli elettori di Bologna, in odio al Governo, volle, discutendosi il bilancio degli Esteri, riaprire la questione e trascinare il ministro Blanc a presentare i documenti dell’affare Herz. Invece, appunto nella votazione di quel bilancio, il Ministero ebbe una vittoria, procuratagli dall’on. di Rudinì. La Camera votò su un ordine del giorno di fiducia dell’ex-presidente del Consiglio contro una mozione dell’on. Imbriani e di quattordici altri deputati, per il richiamo dei soldati dall’Africa.
In quei giorni il miraggio africano abbagliava più che mai il paese. Era giunto l’on. Baratieri in Italia, festeggiato come un trionfatore, e quando erasi presentato alla Camera a giurare, il Presidente avevalo abbracciato e da tutti i settori, eccetto da quelli dell’estrema sinistra, erano partiti fragorosi applausi.
Al comandante del corpo d’Africa fu offerto un banchetto dai Mille all’Hôtel de Rome, al quale assistettero il presidente del Consiglio e il Ministro della Guerra, e quindi il Baratieri partì per il Trentino e ovunque passò ebbe entusiastiche dimostrazioni.
L’on. Crispi eletto in dieci collegi, aveva optato per Palermo. Qui a Roma rimase vacante dunque il IV e si portò candidato il principe Odescalchi. Egli fu battuto da de Felice.
La Camera si era chiusa il 31 luglio approvando i provvedimenti finanziari e il progetto di legge per il matrimonio degli ufficiali, tutti e due vivamente discussi nel Parlamento e nei giornali e acerbamente osteggiati.