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Durante le forzate vacanze parlamentari, sorse una discussione sulla politica ecclesiastica, suscitata dagli articoli di Raffaele de Cesare. Egli proponeva che il Governo approfittasse della tregua nella lotta fra il Vaticano e l’Italia, per inaugurare una politica ecclesiastica prudente, assennata, non giacobina, che lo avvicinasse meglio al Papato sotto il rapporto politico, alla Chiesa sotto quello religioso. Egli consigliava la rinunzia al placet e all’exequatur, il riconoscimento della personalità giuridica di quelle corporazioni religiose, risorte dopo la soppressione e che si occupano della istruzione, della beneficenza e delle missioni, la riforma dei seminari e la creazione del diritto ecclesiastico. Molti riconoscevano giuste le proposte del de Cesare, ma il Governo non fece nulla di quanto venivagli suggerito.
I quattro capi della opposizione: Zanardelli, Brin, di Rudinì e Cavallotti, facevano una guerra a oltranza a Crispi, coadiuvati dai giornali loro e dai partiti estremi; gli amici, in occasione del matrimonio della diletta figlia di lui col principe Franz di Linguaglossa, vollero dimostrargli la loro simpatia, e Giosuè Carducci espresse in magnifici versi alla sposa e il disprezzo per gli accusatori, e l’ammirazione per il Crispi.
Quei versi, che portavano come titolo X Gennaio, data del matrimonio, dicevano:
Ma non sotto la stridula |