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Il 1895.


Agitazioni grosse e piccine — La composizione del dissidio fra il Comune di Roma e il Governo tedesco per il palazzo Caffarelli — Un brindisi dell’ambasciatore di Germania — Una festa di famiglia in casa Crispi, che si ricambia in una dimostrazione — La chiusura della sessione parlamentare — Il comitato per le feste del XX settembre — La morte di monsignor Carini e l’uccisione del marchese Berardi — Nuove amnistie — Il VI centenario tassesco — Lo scioglimento della Camera e le elezioni Crispi all’Argentina — Gli eletti di Roma — Il discorso del Re — Villa presidente della Camera — Le discussioni — La rielezione del Sindaco — I duchi d’Aosta a Roma — Il XX settembre festa nazionale — Cavallotti contro Crispi alla Camera — Baratieri in Italia — De Felice eletto a Roma — I cattolici e le feste del XX settembre — I Sovrani a Roma La data solenne.


Perdurava, nei partiti estremi, il malcontento per la proroga del Parlamento, quando un altro piccolo motivo d’indole finanziaria fece nella popolazione cattivo effetto. Trattavasi della tassa sui fiammiferi, l’unico prodotto buono e a prezzo minimo che avesse l’Italia. Di questo provvedimento si parlò molto e l’aumento del prezzo parve esorbitante. Si chiusero, in principio, molte fabbriche, vi furono conciliaboli fra produttori e alti funzionari ma alla fine il paese si assuefece a questa imposta come a tutte le altre.

Il 5 gennaio, Baratieri fu nominato tenente generale, e il re gli comunicò la promozione con uno di quei telegrammi affettuosi, che commuovono chi li riceve.

Sui primi dell’anno fu composto finalmente il dissidio esistente da tanto tempo fra il municipio di Roma e il governo di Germania, rispetto al palazzo Caffarelli. La Germania cedè al Comune il palazzo Clementino, e il Comune a sua volta rinunziò a ogni pretesa o diritto sugli stabili e cedè pure il giardino Montanari.

In quello stesso palazzo Caffarelli, ormai definitivamente ceduto alla Germania, l’ambasciatore von Bülow riuniva la colonia tedesca in occasione del genetliaco dell’Imperatore Guglielmo, e alzando il bicchiere pronunziava il seguente brindisi, che provava sempre più l’amicizia esistente fra le due nazioni e i due governi:

«Vi prego, signori e signore, di alzare come me il bicchiere per bere alla salute dell’Augusto Sovrano, capo del paese, che per molti di noi è diventato una seconda patria, e nel quale tutti tanto volentieri soggiorniamo. Noi tutti amiamo questa bella terra dove, come canta il nostro poeta Goethe “Gentil cresce il mirto, alto l’alloro„.

«Noi tutti portiamo all’Italia la più calda e sincera simpatia. Con eguale venerazione tutti rendiamo omaggio all’Augusto Re il cui eroismo è stato sempre all’altezza di tutte le prove, la cui stella guidatrice è l’adempimento coscienzioso dei suoi doveri, di cui l’anima cavalleresca risplende in tutti i suoi atti. Evviva S. M. il Re Umberto, evviva, e per la terza volta evviva!»