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i Sovrani, al teatro Costanzi e in essa il Baccelli dette il saluto in latino ai colleghi, e il presidente del Consiglio pronunziò un discorso, che suscitò vivi applausi. Le altre sedute delle diverse sezioni del congresso si tennero in quella parte già ultimata del Policlinico, che fu attentamente visitato e encomiato dai congressisti. In quei giorni fu esposto anche l’ospedale della Croce di Malta e il treno della Croce Rossa. Migliaia e migliaia erano i congressisti e quasi tutti avevano condotto seco la moglie, così che Roma era piena di una folla varia, e le vie che conducevano al Policlinico, per solito deserte, formicolavano di gente.

Dal Palatino il Baccelli offrì ai congressisti lo spettacolo della platea archeologica illuminata, spettacolo veramente grandioso, al quale assistettero i sovrani, che offrirono un ricevimento nei giardini del Quirinale agli ospiti di Roma.

Erano appena partiti gli scienziati che Roma si empì di pellegrini spagnuoli. Alla loro partenza dalla Spagna erano accadute scene spiacevoli e dolorose. Per impedire che si rinnovassero al momento dell’arrivo molti giungevano con i piroscafi a Civitavecchia in quella città speciali mente il Governo ordinò misure severe. I pellegrini sbarcavano ed entravano in città in mezzo a due file di soldati. A Roma le misure furono più blande. Ne vennero 15,000 in più riprese e fortunatamente non accadde nulla. Il Papa ricevè i pellegrini e disse messa in S. Pietro. In onore dei capi del pellegrinaggio vi furono pranzi e feste nelle case clericali e il principe Lancellotti dette loro un sontuoso ricevimento. Al pellegrinaggio parteciparono pure in incognito due principesse, figlie di don Carlos.

La Regina reggente di Spagna conferì diverse onorificenze ai funzionari di pubblica sicurezza di Roma, per la sorveglianza esercitata durante il pellegrinaggio, e il conte Rascon rivolse, a nome del suo Governo, speciali ringraziamenti al nostro.

Il 7 aprile si era sparsa a Roma la dolorosa notizia della morte di don Eugenio Ruspoli, figlio del sindaco, ucciso il 4 dicembre da un elefante a Gubligenda. Il Re e la Regina espressero all’afflitto padre le loro condoglianze e altre numerosissime gli giunsero da ogni parte. Una messa di Requiem fu detta nella chiesa di San Bernardo alle Terme, e don Emanuele, affranto da tanto dolore, lasciò temporaneamente la direzione degli affari del Comune. Mentre egli era assente fu inaugurata, con l’intervento del ministro Saracco, la nuova linea ferroviaria Roma-Viterbo e a quella inaugurazione fu notata l’assenza dei rappresentanti del municipio di Roma. Interpellato in Consiglio l’assessore anziano, Galuppi, rispose che il Sindaco era stato invitato personalmente, ma il Municipio no; i viterbesi sostenevano il contrario e ne nacque un pettegolezzo.

Roma aspettando aiuti dal Governo e dal Municipio, non era riuscita, dopo tanto armeggio, a fare una Esposizione; Milano invece, senza cercare aiuto, inaugurava ai primi di maggio le sue Esposizioni riunite. Vi andarono i Sovrani accompagnati dai ministri Baccelli e Crispi, e quest’ultimo fu salutato da fischi nella capitale lombarda, dove più acerba che altrove era l’opposizione al capo del Governo. Al suo ritorno invece egli ebbe qui una calorosa dimostrazione, che lo compensò certo dei fischi milanesi.

Il 4 maggio era incominciato a Roma il processo della Banca Romana che durò senza interruzione fino al 28 luglio. Nei primi giorni vi fu un po’ di curiosità nella popolazione per vedere sul banco degli accusati tanti pezzi grossi, ma poi svanì del tutto e la sala dei Filippini era quasi sempre deserta. Quel processo principiato male, istruito peggio, fini in un modo vergognoso, con un verdetto assolutorio anche per quelli tra gl’imputati che eran rei confessi. L’impressione prodotta dal verdetto fu pessima addirittura, e il pubblico si meravigliò che la giustizia del suo paese