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I fatti di Sicilia, che tanto impensierivano tutti, poiché erano il primo tentativo di scissione che si verificava dopo che l’Italia era costituita a Regno, richiesero un energico provvedimento per parte del Governo. Esso promulgò lo stato d’assedio in Sicilia, nominò comandante il generale Morra di Lavriano, e ordinò che tutti i rivoltosi fossero deferiti ai tribunali militari.

Altri mali, e forse più gravi, si manifestarono in Lunigiana, e per sedarli fu mandato Massa il generale Heusch. In quel tempo i giornali andavano a ruba, perché tutti qui erano ansiosi di aver notizie della Sicilia e della Lunigiana.

Come è facile capire, l’anno nuovo annunziavasi molto tempestoso. Doveva essere un anno di lotta continua. Per sostenerla ci voleva al Governo un uomo dalla tempra ferrea, capace di liquidare il passato, di far fronte al presente, e di provvedere all’avvenire. E il passato gravava sul presente e le rovine incominciate si compievano irreparabilmente.

Al nostro credito dette una grave scossa anche la domanda di moratoria fatta dalla Banca Generale, l’istituto che aveva più rapporti con l’estero. In dicembre esso aveva dovuto restituire 21 milione di depositi e aveva potuto farvi fronte; ma assediato da continue domande di ritiri e non potendo compiere una operazione con la Banca d’Italia, aveva dovuto chiudere gli sportelli. Questo fatto aumentò il pànico, già grandissimo, e fu un affollarsi continuo alla Cassa di Risparmio per ritirare i depositi. Si dovette provvedere ai rimborsi aprendo altri sportelli, e intanto i giornali raccomandavano la calma e pubblicavano lo stato della Cassa di Risparmio per rassicurare i depositanti, e anche il Sindaco Ruspoli nel Consiglio Comunale fece ampie dichiarazioni a quello scopo. Lentamente la calma tornò negli animi e la Cassa di Risparmio potè resistere a quel turbine di sfiducia, che pareva volesse travolgerla nella rovina. In quei giorni il Re, impietosito dalle tristi condizioni di Roma, inviò 50,000 lire al Sindaco per distribuirsi ai poveri.

La Camera doveva riprendere le sedute il 22, ma dietro domanda del Governo si prorogò fino al 20 febbraio. In quel frattempo giunse dall’Africa una lieta notizia, che brillò come un raggio di sole sull’Italia travagliata da tante sventure. I nostri avevano riportata ad Agordat una vittoria sui dervisci, e il Re appena informato del fatto, telegrafò al generale Baratieri la sua soddisfazione e gli annunziò il conferimento della Commenda dell’ordine Mauriziano. Nello stesso dispaccio davagli incarico di annunziare all’Arimondi il suo plauso e la promozione di lui a maggior generale.

Il Comitato per l’Esposizione non aveva dismesse le speranze. Ottenuta dal Municipio la concessione della villa Borghese, dette incombenza agli architetti di preparare gli studi e i piani per il 15 febbraio, e prima che il gennaio terminasse andava dall’on. Crispi a sollecitare la concessione della lotteria. Il presidente del Consiglio rispondeva che la proposta era scritta fra le prime all’ordine del giorno. Più di un mese ancora doveva rimaner sospesa l’eterna questione e quando fu discussa e votata dalla Camera, essa la respinse a grande maggioranza, benchè il Baccelli facesse parte del Governo. L’on. Villa si dimise, furono liquidati i conti e così sfumò il famoso progetto, che aveva tanto appassionato Roma per un lungo periodo di tempo.

Prima ancora che il Governo francese facesse consegnare al nostro le 450,000 lire d’indennità per le famiglie dei morti, per i feriti e per gli operai danneggiati dai fatti di Aigues-Mortes, e che il Governo italiano pagasse a sua volta a quello della Repubblica francese le 30,000 lire di compenso pattuito, in Italia si erano aperte sottoscrizioni per offrire una somma ai nostri concittadini barbaramente insultati. La Tribuna se ne era fatta iniziatrice, e gli articoli scritti dal Belcredi, inviato da quel giornale ad assistere al processo di Angoulême, non avevano poco contribuito ad infiammare gli animi allo slancio di patriottica carità. Però si esagerava da taluni e si proponeva fino di