Pagina:Emma Perodi - Roma italiana, 1870-1895.djvu/518


Il 1894.


Il verdetto di Angoulême — Urbano Rattazzi lascia il Ministero della R. Casa — Sicilia e Lunigiana — Il credito scosso dai fallimenti presa di Agordat — Ancora l’esposizione — La sottoscrizione per Aigues-Mortes — L’inaugurazione del Grand Hôtel — Il duca degli Abruzzi al Senato — Il Senato e gli strascichi della Banca Romana — Le dimissioni del Presidente della Camera — L’esposizione finanziaria — Domanda di poteri straordinari — La domanda a procedere contro De Felice — Bomba sotto Montecitorio — Le vittime — La condanna di De Felice — Altre bombe — La morte del principe Colonna — Il congresso medico — Il pellegrinaggio spagnolo — La morte di don Eugenio Ruspoli — I Sovrani a Milano e i fischi a Crispi — Nuova esposizione finanziaria — Il processo per la Banca Romana — Dimissioni del Gabinetto e sua ricostituzione — L’attentato a Crispi — L’uccisione di Carnot — L’opera del Governo — I provvedimenti di pubblica sicurezza — La missione ecclesiastica nell’Eritrea — Crispi a Napoli e Carducci a San Marino — L’apertura della sessione parlamentare — Il Giolitti presenta il plico dei documenti — L’uccisione di Suor Agostina Zola a Roma — La notificazione della morte di Alessandro III.


La popolazione di Roma incominciò l’anno sotto la cattiva impressione del verdetto pronunziato dai giurati di Angoulême sugli accusati dei fatti di Aigues-Mortes, e più che mai capi, che i francesi erano così ostili a noi, da mostrarsi ingiusti anche quando venivano chiamati a far la parte della giustizia. Quel verdetto infiammò più che mai gli animi già eccitati, e non servì certo a far rinascere fra i due popoli l’antico vincolo di amicizia.

I primi giorni del 1894 furono apportatori di molte notizie, che servirono a dare argomento di discussione ai romani, condannati da due copiose nevicate a starsene tappati in casa, perchè nei giorni di neve Roma è impraticabile, e nonostante quasi ogni anno essa sia avvolta nel bianco mantello, pure il Municipio non ha ancora pensato a fare un regolamento che preveda quel caso.

La prima notizia fu quella delle dimissioni di Urbano Rattazzi da ministro della R. Casa. Anche lui, come il suo predecessore, conte Visone, fu insignito del grado di Ministro di Stato, fu nominato senatore ed ebbe onorificenze. Si disse, e forse non a vanvera, che il presidente del Consiglio aveva voluto la sua esclusione dalla Casa Reale, come si disse anche che il Re faceva al Crispi quella concessione pro forma, ma che non avrebbe saputo privarsi dell’uomo che avevalo aiutato a riordinare tutti i servizi amministrativi di Corte.

Un’altra notizia - strascico degli scandali della Banca Romana - fu quella del deferimento degli impiegati deplorati dal Comitato dei Sette a una commissione composta di due capi-servizio, e presieduta da un Consigliere della Corte dei Conti.

Ma questo non bastava. Il giorno 4 si seppe che l’on. de Felice Giuffrida, l’agitatore massimo della Sicilia, era stato arrestato a Palermo in flagrante. L’estrema sinistra specialmente si commosse di quell’arresto e della proibizione ai deputati Agnini e Prampolini di prender terra a Palermo, e rivolse subito un invito agli amici, firmato dagli onorevoli Socci, Diligenti, Querci e Guelpa, per una riunione da tenersi in una sala di Montecitorio.