Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 499 — |
dei sottoscrittori tenuta il 28 luglio, nei locali della Piccola Borsa. In essa fu votato un ordine del giorno con cui riaffermavasi concordemente e solennemente il proposito che l’esposizione si facesse secondo i programmi stabiliti e in quella località più adatta, e che avesse permesso di dar principio ai lavori non più tardi dell’ottobre. In seguito a questa deliberazione il comitato generale deliberò d’intavolare trattative con la casa Borghese per la concessione della Villa. Qualora le trattative non fossero state ultimate entro venti giorni, si sarebbero scelti i Parioli.
Al defunto Eula era stato dato per successore il senatore Santamaria Nicolini, presidente della Corte d’appello di Venezia. Appena insediato al palazzo di Firenze si parlò della intenzione, manifestata da lui, di dimettersi e difatti rimase brevemente in carica. I ministri di Grazia e Giustizia non potevano approvare le ingerenze del potere esecutivo nello svolgimento del processo della Banca Romana, nel quale figuravano come accusati Bernardo Tanlongo, Cesare Lazzaroni, Michele Lazzaroni, Pietro Tanlongo, Gaetano Bellucci-Sessa, Antonio Monzilli, Lorenzo Zammarano, Angelo Mortera, Giovanni Agazzi, Pietro Toccafondi e Alfredo Paris. Lo Zammarano, Pietro Tanlongo e il Mortera non furono mai arrestati; Michele Lazzaroni e Antonio Monzilli ottennero la libertà provvisoria.
Il 3 agosto il Senato si adunò di nuovo approvando il progetto di legge per i lavori edilizi di Roma e l’altro per il riordinamento bancario.
Cessati i lavori parlamentari, Roma avrebbe avuto diritto, dopo tante agitazioni, di godere della consueta calma estiva, ma in quell’anno non le fu concessa, perchè scoppiarono i torbidi, che agitarono la città in seguito ai dolorosi fatti di Aigues-Mortes, avvenuti il 17 agosto, e che costarono la vita a tanti poveri operai italiani.
La sera del 19, appena quei fatti furono conosciuti, tutta la città si ornò di bandiere abbrunate e si formò una dimostrazione a piazza Colonna, la quale preceduta da bandiere, e seguita da una immensa turba di popolo indignato, andò in tutti i punti della città dove hanno sede istituti francesi, e prima di tutto a piazza Farnese, al seminario di Santa Chiara, a San Luigi de’ Francesi, a Villa Medici, gridando, schiamazzando e facendo peggio. Vi furono le solite intimazioni, i soliti squilli, e le guardie e i carabinieri operarono 10 arresti.
Ma le notizie sopraggiunte la domenica, le descrizioni strazianti che i giornali pubblicarono dei fatto di Aigues-Mortes crebbero la popolare indignazione, e la sera della domenica le dimostrazioni presero un carattere più grave. Suonava la musica a piazza Colonna, ove i dimostranti si adunarono, e tolta una delle bandiere del «Fagiano» si slanciarono in mezzo alla piazza gridando: «abbasso la Francia!» I carabinieri riescono a impossessarsi della bandiera, ma i dimostranti corrono alla birreria della Limentra, di fianco al palazzo Bocconi, ne prendono altre, e dopo essersi raggruppati tornano in piazza chiedendo l’inno di Garibaldi. In quel mentre Ciro Corradetti, il noto anarchico, gridò: «Viva la Francia!» I dimostranti a quel grido si scagliano su di lui ed avrebbero fatto giustizia sommaria, senza l’intervento dei carabinieri.
La dimostrazione ottiene una bandiera tedesca da un balcone del palazzo Ferraioli, e con quella e altre si dirige verso il palazzo Rospigliosi, al Quirinale, ove risiede l’ambasciatore francese presso la S. Sede,
Un’altro gruppo di dimostranti erasi in quel frattempo riunito a Santa Chiara e di là muove per piazza Farnese, i cui sbocchi erano custoditi dai bersaglieri. Quel gruppo fu rinforzato da un secondo, che giunse dal Trastevere per ponte Sisto. Alcuni, vedendo di non poter forzare gli sbocchi della piazza, salgono nelle carrozze e per via de’ Venti rompono con quelle i cordoni dei soldati.